L'ORFANOTROFIO RAVETTI

 

L’Istituto Santa Caterina nacque su iniziativa del consiglio di amministrazione dell’Orfanotrofio femminile Ravetti, una delle più importanti strutture a fini caritatevoli della zona.

 

 

La storia dell’Orfanotrofio inizia negli ultimi decenni del Settecento.

 

Nel 1761 l’avvocato Gaspare Ravetti redasse un testamento in cui nominava sua erede universale la confraternita di San Paolo e Santa Elisabetta (alla quale egli stesso apparteneva) «coll’obbligo alla medesima di erigere, a spese dell’eredità di lui Sig. Testatore, una casa, o un Monastero di Figlie povere, ed Orfane» (passo citato da Delmo Lebole).

 

Alla morte dell’avvocato biellese, avvenuta nel 1796, «la confraternita – è scritto nell’articolo riccamente documentato di Enrica Mossoneaccettata l’eredità avviò le pratiche necessarie per far nascere l’orfanotrofio»; la prima sede fu individuata in una casa affittata dal conte Vincenzo Fantone in Riva, nella quale il 2 dicembre 1797 entrarono le prime nove orfane.

 

 

Dopo la scomparsa della moglie dell’avvocato Ravetti (1803) il consiglio di amministrazione entrò in possesso di tutta l’eredità e fu così in grado di affittare i locali che componevano il disciolto monastero di Santa Caterina (e che furono definitivamente acquistati nel 1823) e avviare la propria attività: «Una relazione del 1819 attesta che già in quell’anno erano ospitate quindici figlie, oltre la Madre e la Sotto Madre e "quantunque l’Opera fosse proprietaria d’una Casa posta sulla contrada Maestra del Piano di questa Città, denominata Casa Ravetti, le Figlie dell’Opera abitavano nell’antico Monastero di proprietà Demaniale"» (D. Lebole).

 

 

La conduzione dell’Orfanotrofio fu retta per quasi cinquant’anni da personale laico, sostituito poi dalle Suore Rosminiane (1854); l’amministrazione, regolata da Regi Decreti, subì nel corso degli anni dei mutamenti che riguardarono la presidenza, affidata prima al vescovo (1823) e poi a un consigliere comunale (1878), e la composizione del consiglio.     

 

L’arrivo delle suore coincise con l’istituzione di corsi scolastici regolari: «Le bambine dai 6 ai 12 anni – scriveva "il Biellese" nel 1953 – hanno la possibilità di frequentare le prime cinque classi elementari mediante un ottimo insegnamento impartito da suore diplomate, impreziosito di caldo affetto e di materna comprensione»; l’acquisizione di un livello di istruzione «almeno elementare» permetteva poi l’accesso alla scuola di lavoro: «[…] all’orfanotrofio si passa dalle elementari a delle scuole specializzate interne, prime fra tutte quella per rammendatrici (le "passafalle") le cui lezioni, in un laboratorio ampio e attrezzatissimo, vengono fornite, giornalmente dalla signorina Tonali, appositamente inviata dalla Ditta Rivetti […] Alla scuola delle rammendatrici si affiancano quelle di ricamo, biancheria e cucito […] Anche sulla tastiera della macchina da scrivere danno prova di virtuosismo, preparandosi a divenire brave dattilografe, per essere utilizzate in uffici, banche e stabilimenti biellesi».

 

 

La chiusura dell’Orfanotrofio è avvenuta in tempi relativamente recenti (1987).

 

Dal 2006 è attiva la Fondazione G. Ravetti – O.N.L.U.S., il cui scopo è «la beneficenza e l’assistenza sociale, in particolare il ricovero, la cura, l’assistenza, l’educazione, l’istruzione e la formazione dei giovani e di soggetti svantaggiati in genere» (art. 3 dello Statuto, citato da E. Mossone).

 

 

(Leggi anche Una sede moderna per l'Istituto Santa Caterina)