LA DIGA DI CAMANDONA (1956)

(Articolo pubblicato su La Nuova Provincia di Biella del 03.05.2014)

 

La nascita e lo sviluppo dell’industria tessile nel Biellese sono strettamente legati alla presenza di importanti corsi d’acqua, lungo le cui sponde sono stati impiantati gli stabilimenti che in anni ormai lontani hanno dato lavoro a una percentuale altissima della popolazione locale.

 

 

Agli albori del secolo scorso tra le aree a maggiore densità industriale spiccava senza dubbio la Valle di Mosso: le numerose fabbriche là presenti sfruttavano infatti l’acqua del torrente Strona non solo per produrre l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari ma anche per la lavorazione stessa della lana (lavaggio, tintura).

 

Nel 1902 un gruppo di industriali della zona fondò l’Associazione Industriale Vallestrona, con l’intento di consolidare (e accrescere) il notevole progresso conseguito nei decenni precedenti: «[…] una pattuglia di uomini che si muove dietro la pressione esercitata dalla comune certezza che tutto potrebbe andare in rovina qualora si evitasse di unire gli sforzi, di esaminare assieme, di comune accordo, i problemi più pressanti, di arrivare, sotto il segno della solidarietà, alla loro risoluzione» ("Eco di Biella", 10.01.1953).

 

Il primo presidente dell’ambizioso sodalizio industriale (i cui associati avevano alle proprie dipendenze una forza lavoro totale di più di duemila operai) fu Giovanni Battista Lanzone; tra i consiglieri spiccavano i nomi di Alberto Garbaccio, Gregorio e Romeo Reda, Modesto Bertotto e Eugenio Rivetti.

 

L’Associazione affrontò con energia e determinazione le sfide lanciate dall’incalzante modernizzazione, riuscendo, pur con qualche difficoltà, a superare indenne anche il periodo fascista e i difficili anni del secondo conflitto mondiale.

 

 

All’inizio degli anni Cinquanta, di fronte alle rinnovate esigenze industriali l’Associazione presieduta dal comm. Ludovico Cartotti prese in esame la possibilità di un migliore sfruttamento del corso d’acqua che attraversava la valle, lo Strona: si fece così strada l’ipotesi di realizzare una diga di sbarramento dalla quale far diramare un acquedotto che avrebbe servito tutti gli stabilimenti presenti sul territorio compreso tra Camandona e Cossato.

 

Nella seconda settimana di marzo del 1953 i giornali locali annunciarono la costituzione della Società Acquedotto Industriale Vallestrona: «Scopo della Società – annunciò "Eco di Biella" (12.03.1953) – che à potuto essere varata dopo lunghe trattative giunte felicemente in porto, è la costruzione di un lago artificiale nei pressi del ponte Vittorio in territorio del Comune di Camandona, dove il torrente Strona forma una profonda gola».

 

 

Il progetto originario della diga, stilato dall’ing. Mario Muretti già alla fine dell’agosto 1950, era stato così motivato: «Le numerose industrie che si trovano nella Valle Strona, nei loro successivi ampliamenti, si sono trovate in gravi condizioni per l’approvvigionamento dell’acqua indispensabile particolarmente per il lavaggio della lana e per le operazioni di tintura […] Risultato impossibile […] ricorrere ad acque di sorgente e non presentandosi falde freatiche o artesiane utilizzabili, non rimane che ricorrere ad acque superficiali, da raccogliersi e regolare con la costruzione di un serbatoio di opportuna capacità, posto a quota tale da permettere l’esercizio dell’acquedotto senza dover ricorrere a pompaggio».

 

Delle due aree sottoposte a valutazione preliminare, a monte di ponte Vittorio e in prossimità della frazione Molino, fu scelta la prima in quanto soddisfaceva tutti i requisiti richiesti (in primis per la qualità del terreno, roccioso di tipo granitico); per quanto riguardava l’acquedotto, destinato a servire una ventina circa di impianti industriali del fondovalle, fu ipotizzato di includere nella rete di servizio anche i quattro stabilimenti di Mosso Santa Maria e di Strona (comuni situati a un livello altimetrico superiore), realizzando stazioni di sollevamento per ottenere la pressione necessaria a innalzare l’acqua.

 

La spesa preventivata ammontava a 275 milioni di Lire (dei quali 80 destinati alla costruzione della diga), a cui andavano aggiunti altri 28 milioni per le spese di esercizio dell’acquedotto.

 

 

La stesura definitiva del progetto, curata ai primi di settembre del 1953 dall’ing. Claudio Marcello, apportò qualche modifica al disegno iniziale, soprattutto per quanto riguardava gli scarichi di superficie e di fondo della diga, dei quali fu aumentata la capacità di smaltimento delle acque (rispettivamente 101,9m³/s e 64,2m³/s) nell’eventualità di «piene straordinarie a seguito di nubifragio locale».

 

Lo sbarramento, alto circa 30 metri e lungo poco meno di 115, sarebbe stato del tipo a gravità (in parte "alleggerita", in parte "ad elementi cavi") anziché ad arco, «in modo da avere una struttura di sicuro comportamento statico, cosa essenziale ai riguardi della sicurezza dell’attendibilità dei calcoli».

 

 

Dopo il rilascio delle autorizzazioni necessarie e la firma del disciplinare concernente la concessione della derivazione d’acqua dal torrente Strona, i lavori presero il via intorno alla metà del mese di novembre del 1953.

 

La realizzazione dell’opera, affidata all’impresa Ing. E. Recchi di Torino, richiese un notevole sforzo organizzativo: «Uno dei primi problemi che i progettisti della diga hanno dovuto risolvere – segnalò "Eco di Biella" (18.10.1954) – è stato quello dell’approvigionamento del materiale da costruzione: il fatto di dover trasportare ghiaia, sabbia e cemento fin lassù avrebbe aggravato sensibilmente il costo dell’opera, ed allora fu deciso di installare sul posto un complesso e modernissimo macchinario in modo da sfruttare interamente il materiale ricavato a colpi di mina nella roccia. Sono state così installate le apparecchiature di un frantoio multiplo che riduce i blocchi di pietra […] prima in pietrisco e successivamente in ghiaia e sabbia finissima. Una teleferica trasporta la roccia dalla cava, aperta lungo le falde del monte, al primo frantoio, distribuisce il materiale così ottenuto in quattro giganteschi silos di riserva […] Dai serbatoi il materiale defluirà poi, su nastri trasportatori, per raggiungere la grande betoniera in funzione sullo strapiombo, sul fondo del quale si muovono decine di operai intenti a colare il calcestruzzo negli appositi stampi opportunamente “armati”».

 

La costruzione della diga e dell’acquedotto industriale (sospesa durante i periodi invernali a causa della rigidità del clima) richiese poco più di due anni; sul finire del mese di maggio del 1955 "il Biellese" annunciò che il riempimento dell’invaso era previsto per l’autunno: «I tecnici faranno presto scattare la pesante porta di ferro, alla base della diga; la corrente dei due torrenti che da millenni scorrono, si arresterà contro quella colossale barriera. Lo Strona ed il Beron fermando il loro secolare scorrere diverranno gli emissari del lago; le loro acque incanalate potranno scendere nelle fabbriche della Vallata, di Mosso, anche di Cossato, a favore delle stoffe ed a portare un potente contributo all’industria moderna».

 

 

L’impianto entrò in funzione nell’estate del 1956.

 

È tuttora gestito dalla Società Acquedotto Industriale Vallestrona e continua a garantire l’approvvigionamento idrico (industriale e civile) della zona.

 

 

Galleria Fotografica

Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella

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FONTI

 

Archivio di Stato di Vercelli, Fondo Prefettura di Vc, Gabinetto Parte II 1945-1980

Archivio di Stato di Vercelli, Fondo Genio Civile di Vc

il Biellese, bisettimanale cattolico

Eco di Biella, bisettimanale indipendente