UN'OPERA NON DA TUTTI APPREZZATA

 

La parte più interessante del monumento di piazza Martiri è senza dubbio il bassorilievo in bronzo realizzato dallo scultore Carmelo Cappello (1912 – 1996), che «racconta in stile secco e primitivo la vita partigiana nei suoi episodi più salienti: la vita in montagna, il combattimento, la prigione, la fucilazione, ecc. Una croce sottile si stacca poi verticalmente lungo la lapide e sul suo braccio orizzontale reca in bassorilievo la glorificazione del Caduto risolta in una breve formella bronzea» ("Eco di Biella", 27.04.1953).

 

La soluzione adottata dall’artista siciliano non incontrò però un unanime consenso; pochi giorni dopo l’inaugurazione, sulle pagine dei giornali locali di area comunista e socialista comparvero alcuni commenti poco lusinghieri sull’opera: «È bello il monumento al partigiano di Piazza Martiri della Libertà?», si domandava "Baita" (11.05.1953), reputando che non assolvesse «al suo compito che [era] quello di ricordare il sacrificio dei partigiani»; sulla stessa linea si posero il socialista "Corriere Biellese" (01.05.1953/07.05.1953) e "Vita Nuova", organo della Federazione comunista (14.05.1953), i quali insistettero anche sulle presunte responsabilità dell’amministrazione cittadina, rea di non aver sottoposto al preventivo giudizio della Commissione esaminatrice il secondo bozzetto realizzato da Cappello.

 

In difesa del monumento si schierò il filosofo e critico d’arte Dino Formaggio, il quale con un lungo intervento pubblicato su "il Biellese" (05.05.1953) fornì un’accurata analisi critica dell’opera, della quale riportiamo uno dei passi salienti: «Dar vita ad opera pubblicamente commemorativa è sempre stata impresa ardua, ma lo è soprattutto per l’artista contemporaneo. Si tratta di interpretare lo spirito degli avvenimenti, non solo, ma di comunicare questo spirito nei modi della più generale ed immediata comprensione […]. […] è con un moto di autentica simpatia che noi guardiamo alle sculture di Cappello nel monumento ai Martiri della Libertà […]. Vi ritroviamo, infatti, quella comunicazione semplice e diretta, priva delle amplificazioni retoriche purtroppo d’uso in simili casi, fatta di realismo e di interiori commozioni, di sentimenti dignitosamente composti. Vi riconosciamo, cioè, quelle qualità che rendono valide le opere di questo genere».