Tra i reparti fascisti operanti sul territorio biellese nel periodo compreso tra l’autunno del ’43 e la primavera del ‘45, il 63° battaglione "M" è senza dubbio quello che si adopera con maggior ferocia nella lotta al "ribellismo", rendendosi più volte responsabile della morte non solo di combattenti partigiani ma anche di civili innocenti.
Il 63° battaglione "M" giunge a Vercelli, proveniente da Chiari (Bs), il 19 dicembre 1943, in risposta alle pressanti richieste di rinforzi che dall’inizio del mese il capo della provincia Michele Morsero, preoccupato dall’aggravamento della situazione dell’ordine pubblico in Valsesia e nel Biellese, sta inviando alle autorità politiche e militari della Rsi in Piemonte.
L’unità, forte di circa 350 uomini tra ufficiali e truppa, fa parte della Guardia Nazionale Repubblicana ed è comandata dal 1° Seniore (tenente colonnello) Merico Zuccari, fanatico fascista: a lui viene affidato il compito di "pacificare" la Valsesia, il Biellese e la Valsessera mediante l’adozione di "misure di rigore".
Il paese di Borgosesia è il primo a subire la violenza fascista: la mattina del 22 dicembre, come rappresaglia per la morte di due militi repubblicani, avvenuta durante uno scontro con i partigiani di Cino Moscatelli, Zuccari ordina la fucilazione di dieci ostaggi (quattro partigiani e sei civili, tra cui il podestà Giuseppe Osella e un ragazzo di soli 15 anni, Mario Canova).
Il giorno prima, gli uomini del 63° battaglione hanno sparato senza motivo ad un operaio di 32 anni, Virginio Toniol, e lo hanno poi trattenuto per diverse ore in una stanza del municipio di Borgosesia per interrogarlo, aggravandone così le condizioni: il giovane muore la mattina dopo all’ospedale cittadino.
Nel pomeriggio del 22 i militi fascisti, diretti a Cossato, fanno tappa a Crevacuore: qui, dopo aver devastato e incendiato le abitazioni degli antifascisti locali, assassinano l’antiquario Remo Fava Frera, definito da Zuccari «un ebreo favoreggiatore dei ribelli».
Le ultime due vittime di quella tragica giornata si registrano a Cossato.
Ido Boschetto e Giovanni Battista Pizzorno, operai tessili di 23 e 42 anni, sono fucilati con l’accusa di detenzione illegale di armi: Zuccari vuole "dare un esempio" alla popolazione, colpevole di aver appoggiato l’azione di un gruppo di partigiani che nel corso della mattinata hanno assaltato il municipio e altri uffici pubblici.
Nelle settimane seguenti il battaglione compie rapide incursioni nelle zone in cui è segnalata la presenza dei "ribelli", per lo più in Valsessera e nella Valle Strona.
L’8 gennaio Morsero chiede l’invio di una compagnia a Biella, per fronteggiare lo sciopero messo in atto dagli operai di alcuni stabilimenti locali, e qualche giorno dopo i militi fascisti si spingono fino ad Andorno.
L’arrivo a Biella del 115° battaglione "M" Montebello della GNR (26 gennaio 1944) permette agli uomini del 63° di concentrare le proprie forze nel Biellese orientale: «[…] si è ravvisata la opportunità – scrive Morsero a Zuccari il 2 febbraio – di dividere le zone di competenza per eventuali azioni, tra reparti tedeschi e reparti italiani, e più precisamente che ai reparti tedeschi venga affidata la zona del Biellese vero e proprio […] ed al 63° Btg. la zona […] comprendente quindi la Valsessera e la Valsesia».
Il 4 febbraio il comando del battaglione si insedia a Pray.
La strategia di Zuccari, basata sull’intimidazione della popolazione e su mirate operazioni di rastrellamento, permette di ottenere qualche successo contro le formazioni partigiane operanti nella zona: il distaccamento "Matteotti" è costretto alla resa mentre il "Piave", sottoposto a un duro attacco, subisce la perdita di sette uomini (tra cui due ex prigionieri di guerra britannici), fucilati il 21 febbraio 1944 dai fascisti presso il cimitero di Mosso Santa Maria.
Dal 1 marzo 1944 il 63° battaglione va a costituire, con il 1° battaglione giovanile "Camilluccia", la 1ª legione d’assalto "Tagliamento": i comandanti delle tre compagnie in cui il battaglione (affidato al maggiore Giuseppe Ragonese) risulta suddiviso sono i tenenti Carlo De Mattei, Antonio Fabbri e Guido Alimonda; Zuccari stabilisce il comando della legione a Vercelli.
Intorno alla metà di aprile le tre compagnie, che fino a quel momento hanno operato in movimento in Valsesia e Valsessera, si dispongono a presidio: la 1ª a Pray, dove s’insedia anche il comando di battaglione; la 2ª a Fobello; la 3ª a Rimasco, dove rimane fino all’11 maggio 1944 per poi trasferirsi a Curino.
Scorrendo il diario storico dell’unità fascista si nota che durante i mesi di marzo e aprile il battaglione, oltre ad effettuare missioni di perlustrazione e di controllo sul territorio assegnato, prende anche parte ad azioni contro i partigiani in altre zone del Biellese (Piedicavallo, Sordevolo, Monte Mucrone).
All'alba del 6 aprile 1944 un plotone del 1° Battaglione, recatosi a Quarona dopo aver ricevuto notizia della presenza di partigiani, cade in un'imboscata tesa dai garibaldini guidati da Mario Vinzio "Pesgu" nei pressi del Ponte della Pietà: venti legionari rimangono uccisi, soltanto tre sono i superstiti.
Si tratta di un colpo durissimo, che contribuisce a esacerbare gli animi dei fascisti, più che mai decisi a vendicare i propri commilitoni.
Gli eventi registrati a maggio confermano la spietatezza e la totale mancanza di scrupoli dei legionari di Zuccari impegnati in operazioni antipartigiane.
Il giorno 4, recita il diario, «una pattuglia comandata dal SCM. Mazzoni procede al fermo ed all’arresto di numerosi ricercati, tra i quali il nominato Nobile Egidio che viene ucciso dal SCM. Mazzoni nel tentativo di fuggire sulla strada Casa del Bosco – Lozzolo»: in realtà Egidio Nobile, antifascista "storico" di Crevacuore, è catturato dai fascisti mentre rientra nella sua casa e poco dopo assassinato.
Il giorno successivo, 5 maggio, è ancora il sottotenente Mazzoni a rendersi responsabile dell’uccisione di sei ex prigionieri australiani (indicati erroneamente nel diario come "inglesi") in località Biancone.
Gli eventi di Curino e Mottalciata (8 e 17 maggio) confermano che i legionari della "Tagliamento" hanno adottato senza remore la prassi, poco ortodossa dal punto di vista militare, di operare in abiti civili per raccogliere informazioni e tendere imboscate.
Il 9 maggio ad essere protagonista è la 2ª compagnia del sottotenente Fabbri, che nella zona di Forno sorprende e cattura nove partigiani, fucilandone poi otto.
Il 14 maggio «la 1ª Cp. procede alla fucilazione alla schiena in località Crevacuore del bandito e traditore Mallana Francesco»: il giovane partigiano, individuato tramite la segnalazione di una spia, viene legato al cancello del cimitero e dopo la morte i fascisti infieriscono sul suo corpo.
Due giorni prima sono caduti sotto le raffiche dei mitra dei legionari di Zuccari, Elisio e Adelmo Vigna, di Postua, accusati di aver prestato aiuto fin dall’autunno del ’43 ai giovani di Crevacuore entrati nelle file partigiane.
Il 26 maggio un plotone della 1ª compagnia, recatosi in perlustrazione ad Ailoche, incendia le case «di alcuni noti banditi».
Il 1 giugno 1944 giunge la notizia che l’unità di Zuccari sarà stata inviata al fronte per combattere contro gli anglo-americani.
Lunedì 5 giugno il reparto al completo sfila a Vercelli davanti a Renato Ricci, comandante generale della Guardia Nazionale Repubblicana, e all’SS-Brigadeführer Willi Tensfeld, comandante SS e di polizia per l’Italia nordoccidentale: il giorno dopo la legione "Tagliamento" parte dalla stazione ferroviaria in direzione di Bologna, lasciandosi alle spalle una lunga scia di morte e devastazione.
Le immagini provengono dall'archivio fotografico dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia.
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