IL PARCO "PIACENZA" A POLLONE

(Articolo pubblicato su La Nuova Provincia di Biella del 24.03.2012)

 

La storia della Burcina (il nome deriva probabilmente dal termine dialettale "brucina", collina della brughiera), intesa come parco, inizia nel 1848 con l’acquisto da parte dell’industriale laniero Giovanni Piacenza, insieme ai fratelli Delfino e Gregorio, di gran parte dei terreni del Brik Burcina adibiti a pascolo pubblico che il Comune di Pollone (di cui lo stesso Giovanni Piacenza era sindaco) aveva deciso di mettere in vendita per rimpinguare le proprie casse.

 

Già a partire da quell’anno ebbero inizio le prime piantumazioni, peraltro limitate ai versanti sud e ovest (il versante nord era già densamente popolato da boschi di castagni, frassini e larici): pare che Giovanni avesse voluto celebrare l’emanazione dello Statuto Albertino (marzo 1848) facendo piantare cinque esemplari di Sequoia sempervirens, un tipo di albero che alla metà dell’Ottocento era ancora pressoché sconosciuto in Europa.

 

 

Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si era diffuso in tutta Europa l’eco del dibattito culturale relativo alla "moda del giardino all’inglese"; anche l’Italia ne era stata investita, per effetto della pubblicazione di opere come "Dell’arte del giardino inglese" di Ercole Silva, "Teoria dell’Arte dei Giardini" di Luigi Mabil o "Dissertazione su i Giardini Inglesi" di Ippolito Pindemonte.

 

In realtà, pur rifacendosi al "parco all’inglese", gli imitatori europei avevano sviluppato delle reinterpretazioni che si allontanavano di molto dal modello originario e che erano sfociate, nella prima metà dell’Ottocento, nel modello del "parco elegante alla francese".

 

Giovanni Piacenza non fu estraneo a queste tendenze ma riuscì a dare al parco della Burcina una connotazione originale: non essendo questa la sede più adatta per approfondire temi così particolari, rimandiamo al saggio "L’essenza paesaggistica del Parco", contenuto all’interno del volume "Burcina parco" in cui l’architetto Franco Giorgetta offre in proposito un’analisi ampia e documentata.

 

 

Giovanni Piacenza morì nel 1883.

 

A succedergli alla guida del lanificio e nella gestione della Burcina fu il figlio Felice; a proposito delle sue straordinarie capacità e intuizioni nel campo della botanica e della paesaggistica, Mimma Pallavicini ha scritto: «[…] affidata al suo talento di paesaggista istintivo, di fine conoscitore delle piante e di esteta, la collina raggiunse la massima articolazione stilistica e la fisionomia unitaria […] Felice Piacenza ebbe lo sguardo originale di chi nella modernità di un Novecento non più lontano poteva trovare l’immediatezza di rapporti tra uomo e paesaggio e tra uomo e piante. Evitò di disseminare manufatti decorativi lungo i declivi della collina, che invece plasmò con l’uso accorto della vegetazione per creare scene policrome e cannocchiali visivi di notevole eleganza stilistica e tracciò una rete di strade e sentieri perché il visitatore potesse provare piacere a perdersi e a ritrovarsi tra ali di arbusti inusuali da fiore e da foglia o sotto la chioma protettiva degli alberi d’alto fusto».

 

 

Felice Piacenza operò con instancabile fervore per più di cinquant’anni: durante questo periodo il parco della Burcina fu arricchito con l’impianto di tigli, ippocastani, magnolie, faggi e castagni, con la creazione di macchie di arbusti al sole e all’ombra e con l’aggiunta di fogliami colorati; la realizzazione più prestigiosa e geniale fu sicuramente la "conca dei rododendri", nel versante sudorientale, che consta tuttora di più di mille esemplari appartenenti a 200 varietà diverse.

 

Scriveva Giuseppe Roda nel 1927 a proposito della "conca": «Il suolo scompare interamente sotto masse di fiori che brillano di viva intensità a migliaia e migliaia, in uno scintillio prodigioso di tutte le tinte, nelle estese gamme dei rossi, dei viola, dei bianchi e degli aranciati. Lo si direbbe un dilagar di lava, sfolgorante dei più accesi colori, che scenda dall’alto e che, scivolando sui ripidi pendii, vada a perdersi a valle , nel cavo dei burroni. È una visione incantevole, un superbo trionfo di luci e di colori che strappa accenti di stupore a chi lo contempla e che supera per bellezza quanto l’uomo ha saputo creare nei vantati giardini d’Inghilterra e di Francia, e la natura nelle originarie vallate del Caucaso e dell’Hymalaia».

 

 

Nel 1935 il Comune di Biella acquistò il parco della Burcina, per far sì che la fruizione di una simile area verde fosse consentita a tutti i cittadini biellesi e per attirare anche eventuali turisti interessati a questa tipologia di giardino di largo respiro.

 

Felice Piacenza si spense tre anni dopo (1938) a novantacinque anni.

 

 

Gli anni della seconda guerra mondiale rappresentarono il periodo più difficile per il parco della Burcina, che dovette subire l’abbattimento di molti alberi, anche di pregio, finalizzato al reperimento di combustibile per riscaldarsi.

 

 

La ripresa si ebbe nel dopoguerra.

 

Enzo Piacenza, figlio di Felice, pur non potendo più vantare alcun diritto sul parco, non venne meno a quella che non esitiamo a definire la "missione" propria della sua famiglia, e cioè all’impegno costante di valorizzare e migliorare la Burcina. Oltre a ricoprire per diversi anni l’incarico di presidente del comitato di vigilanza sul parco, Enzo Piacenza si adoperò per la realizzazione di un nuovo accesso dal lato ovest (inaugurato nel 1950), supevisionò, in collaborazione con il Comune, ai lavori di costruzione del tratto di strada che conduce alla cima della collina (durante gli scavi vennero alla luce nel 1959 i primi reperti archeologici), si impegnò a pubblicizzare il parco in Italia e all’estero.

 

Dedicò infine le sue ultime energie al ripristino e alla sostituzione degli alberi abbattuti e danneggiati dal violentissimo vento di phoen abbattutosi sul territorio biellese la sera del 21 febbraio 1967.

 

Al 1969 risale l’impianto di 169 nuovi esemplari di rododendro sul versante orientale: su indicazione del Comune di Biella la collezione fu posizionata nei pressi della cima della collina, in modo che fosse visibile dalla città.

 

Tre anni dopo fu decretata la chiusura del parco al traffico automobilistico.

 

 

Il Consiglio regionale del Piemonte, con la legge n°29, 24 aprile 1980, ha istituito la Riserva Naturale Speciale Parco Burcina "Felice Piacenza", le cui finalità sono la tutela, la conservazione e la valorizzazione delle caratteristiche naturali, ambientali e paesaggistiche.

 

Dal 1992 il consiglio direttivo del parco è presieduto da Guido Piacenza, figlio di Enzo: la tradizione continua.

 

(Leggi anche Archeologia nel parco della Burcina, La bellezza della Burcina e Tramonto alla Burcina)

 

 

FONTI

 

  • Elena Accati, Filippo M. Gambari, et al., Burcina parco, EventieProgettiEditore, Biella 2007
  • Nicoletta Furno, Guido Piacenza, Andrea Polidori, Il parco della Burcina, Leone&Griffa, Pollone 1996
  • Giuseppe Roda, Il Parco Piacenza a Pollone, in Il Biellese, Sezione di Biella del Club Alpino Italiano, Biella 1927