Quando si parla di banche, di questi tempi, i pensieri che ci attraversano la mente non sono quasi mai positivi.
E tuttavia la storia che tratta questo articolo riguarda proprio una banca, biellese, che funziona e i cui sportelli sono aperti da più di sessant’anni: la Banca del Giocattolo.
L’idea di un’iniziativa volta a promuovere lo scambio di giocattoli nacque nell’estate del 1955.
Luigi Pralavorio, giornalista di "Eco di Biella" (giornalista è forse riduttivo, trattandosi di un personaggio poliedrico, con interessi nel campo della cultura, della tradizione, della musica) stava trascorrendo il giorno di Ferragosto in compagnia di un amico e di sua moglie.
Ad un tratto la radio iniziò a diffondere le note di "Balocchi e profumi", interpretata da Gino Franzi: riflettendo sul soggetto della canzone (la mancanza di attenzioni di una madre verso la figlia, che si traduce nella tragica morte di quest’ultima, efficacemente riassunta nel ritornello, «Mamma / mormora la piccina, mentre pieni di pianto ha gli occhi / Per la tua piccolina, non compri mai balocchi… / Mamma, tu compri soltanto / profumi per te»), i tre iniziarono a discutere sull’importanza che i giocattoli rivestono nella vita di un bambino, rappresentando essi «gli strumenti di una stagione non ancora faticosa, la prima ed unica veramente serena»; convennero quindi sull’opportunità di non lasciarli "morire" ma di far sì che passassero «dai grandi ai piccoli, per spontanea trasposizione… capitale anonimo trasmesso da chi è cresciuto a chi è ancora piccolino», arrivando alla conclusione che fosse auspicabile la nascita di un’organizzazione incaricata di raccogliere i giocattoli caduti in disuso e di amministrarli «nell’interesse e per la gioia della comunità di tutti i bimbi» ("Eco di Biella", 19.09.1955).
Anima del progetto, che trovò spazio sulle pagine di "Eco di Biella", fu Rodolfo De Bernardi "Debe", che della Banca del Giocattolo divenne l’amministratore (lo stesso ruolo che ricopriva all’"Eco"), mentre Luigi Pralavorio, sotto le spoglie del "faccendiere Geppetto", si incaricò di curare la rubrica settimanale che dava conto dei movimenti bancari, delle offerte e delle richieste; il motto scelto per la Banca fu «Aiutiamo i bimbi ad essere felici».
L’iniziativa, apprezzata non solo dai giovanissimi ma anche dai genitori, riscosse fin da subito enorme successo e al giornale diretto da Germano Caselli («all’iniziativa, egli, nonnino felice, dedica operante affetto») iniziarono a pervenire numerose le lettere di bambini recanti le richieste più disparate, a cui "Geppetto" sapeva sempre trovare la risposta più confacente; la redazione si trasformò nella sede della Banca, dove ogni giovedì si svolgevano le operazioni di versamento e prelievo.
A partire dal Natale 1955 la ditta Sacerdotti mise a disposizione della Banca una vetrina del suo negozio di via Italia per esporre l’assortimento di giocattoli: «[…] questa [vetrina] dell’«Eco» acquista un significato particolare: non si tratta di roba da vendere, nemmeno si tratta di oggetti nuovi: […] sono tutti giocattoli usati, più o meno vecchi, che apposito personale dell’«Eco» ha rimesso a nuovo. Sono giuochi che già hanno formato la felicità dei bimbi […] I bambini che se ne sono disfatti, in molti casi, non lo hanno fatto a cuor leggero: ma lo hanno fatto pensando che altri avrebbero potuto beneficiare di quei giochi» ("Eco di Biella", 12.12.1955).
Il funzionamento della Banca ricalcava in tutto e per tutto quello degli istituti di credito tradizionali: «Giocattoli vengono versati; giocattoli prelevati – scriveva nel 1958 Luigi Pralavorio nella "Relazione della Banca del Giocattolo"– Il fondo di garanzia è costituito da chi versa e non preleva. C’è chi versa denaro che serve all’acquisto di giocattoli. Molte volte noi stessi ci chiediamo come vive la banca. Vive d’amore. Amore per i bimbi da tutti sentito. (Ma non da tutti manifestato… Speriamo in seguito, soprattutto da chi può per mezzi di fortuna). Aiutare i bimbi non è beneficenza. Non ci piace questo termine. Aiutare i bimbi è partecipare alla vita con gioia. Una grande gioia».
I piccoli "correntisti" registravano prelievi e versamenti tramite apposite schedine sulle quali spiccava il logo della Banca realizzato dal pittore genovese Alfredo Gaudenzi.
La Banca del Giocattolo rappresentava non solo un luogo di scambio di oggetti ludici bensì anche uno spazio di aggregazione, dove le differenze di status sociale si annullavano: «Abbiamo visto collegarsi tra loro, attorno alla banca, ragazzi i più disparati per origine sociale che costituivano una sorpresa in quel loro rivelare gusti, caratteri e tendenze […] La Banca assumeva l’aspetto di una grande famiglia di bimbi. Una famiglia speciale ed insolita, dove tutti vanno d’accordo» (L. Pralavorio, "Ha fatto parlare di sé la banca del giocattolo").
La fama dell’atipico istituto di credito (che in soli due anni, dal 1956 al 1958, passò da 300 a 1.200 correntisti) travalicò ben presto i confini del Biellese, ritagliandosi ampio spazio sugli organi di stampa non solo nazionali ma anche esteri: "Corriere della Sera", "La Stampa", "Il Giorno", "Il Resto del Carlino", lo svizzero "L’Illustré", l’inglese "Times", la tedesca "Deutsche illustrierte Zeitung", il francese "Le Parisien", lo statunitense "New York Herald", perfino il venezuelano "El Prooreso" e altri ancora.
Il regista Siro Marcellini realizzò un documentario sulla Banca del Giocattolo che fu poi trasmesso in eurovisione all’interno del programma televisivo "Giramondo": «Nove nazioni poterono quindi rendersi conto della nostra organizzazione attraverso i volti dei nostri bambini, e la loro azione che riproduceva fedelmente il funzionamento della Banca» ("Ha fatto parlare di sé la banca del giocattolo"); anche il cinegiornale "La settimana Incom" dedicò un servizio all’iniziativa benefica sorta nel Biellese; e non mancarono citazioni sulle radio nazionali.
Nel novembre del 1956 la Banca del Giocattolo ricevette la visita del "piccolo ambasciatore" Stanley Werley, in rappresentanza della fondazione benefica "Share Your Birthday" di Filadelfia.
L’incontro, promosso dall’ambasciatrice degli Stati Uniti a Roma Clara Luce, si svolse in un clima di grande festa: il giovane ospite, accolto presso la sede della Banca da Rodolfo De Bernardi, Germano Caselli, da tutti i collaboratori e da una folla di bambini entusiasti, consegnò a Luigi Pralavorio "Geppetto" i giocattoli che «i bimbi d’America gli hanno affidato perché venissero recati ai bimbi italiani», diventando così correntista della Banca (“Eco di Biella”, 05.11.1956).
Nell’edizione 1957 del Carnevale di Biella i "Pinocchietti" e le "Vispe Terese" della Banca del Giocattolo si aggiudicarono il primo premio nella categoria "carri mascherati" e il secondo premio nella categoria "gruppi mascherati"; a giugno dello stesso anno una rappresentanza di bambini della Banca partecipò allo spettacolo televisivo Studio B (al Teatro Odeon) portando in scena la favola "Giochiamo insieme"; e il 23 dicembre si tenne al Teatro Sociale il "Festival dei bimbi", durante il quale fu eseguito per la prima volta l’Inno della banca del giocattolo.
Concludendo il suo intervento su "Rivista Biellese", Luigi Pralavorio tracciò la strada che la Banca avrebbe dovuto seguire e espresse un auspicio: «Ciò che sarà domani la Banca – che l’afflusso sempre maggiore di lettere e la voce dei bimbi sempre più alta e diffusa richiedono di funzionamento nazionale – si vedrà. Qualcosa è allo studio in questo senso. Nel nome della speranza accesa nel cuore dei bimbi. Deludere questa speranza sarebbe delitto».
Sono ormai trascorsi più di sessant’anni e la speranza non è andata delusa: la Banca del Giocattolo continua ancora oggi a portare avanti, in Italia ma non solo, il suo impegno straordinario e impagabile in favore dei bambini.
Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella
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