L'AVVENTUROSO SALVATAGGIO DELLA BANDIERA

 

Il repentino sbandamento del Regio esercito seguito all’annuncio della firma dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati investì anche il 53° Fanteria da poco ricostituito e dislocato nella zona del Carso, con sede a Divaccia San Canziano.


Incalzato dai tedeschi, decisi a disarmare e catturare i militari italiani rimasti senza ordini, un gruppo di ufficiali del 53° si adoperò per mettere in salvo la bandiera del reggimento, insignita di tre medaglie d'argento al Valor Militare (la quarta, d'oro, sarebbe stata conferita nel dopoguerra): «[…] infuriava la caccia all’uomo […] e le probabilità di guadagnare la patria con il drappo sotto braccio erano scarsissime. Il tenente Celso Pellegrini decise tuttavia di tentare il tutto per tutto: scelse due uomini e, dopo aver smontato la bandiera e averla scomposta nelle sue parti essenziali, il drappo, il dado, la freccia e le decorazioni, Pellegrini tentò l’avventura. Impossibile cercare di passare per le strade perché ormai i tedeschi le precorrevano da dominatori: i tre si fornirono di abiti borghesi e guadagnarono la via dei boschi. Fu un cammino emozionante attraverso sentieri impervi sui quali poteva comparire da un momento all’altro l’ombra minacciosa di un tedesco. Per 48 ore consecutive […] camminarono i tre fino a raggiungere Muggia sita sul Golfo di Trieste. La Bandiera poteva sembrare salva ma la situazione si fece anche in questa località quanto mai delicata così che il Pellegrini decise di ripiegare su Trieste con il suo prezioso carico sotto braccio. Né Trieste pareva la città indicata: l’odissea ebbe termine soltanto a Castenedolo in quel di Brescia: qui il Pellegrini sotterrò il prezioso cimelio» ("Eco di Biella", 24.08.1950).


Recuperata nel 1945, la bandiera fu poi consegnata al Comando Militare Italiano del Territorio di Milano e inviata a Roma: attualmente è custodita al Vittoriano, nel Sacrario delle Bandiere.



FONTI


  • Eco di Biella, bisettimanale indipendente