LE INIZIATIVE DI ACCOGLIENZA NEL BIELLESE PER I PROFUGHI DELL'EST

 

Enrico Miletto, autore di "Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia", ha stimato in circa 250mila il numero di italiani residenti nella Venezia Giulia e in Dalmazia che furono costretti ad abbandonare tra il 1944 e il 1956 il «proprio territorio di insediamento storico», passato sotto l’amministrazione del governo jugoslavo; quasi tredicimila furono i profughi arrivati in Piemonte, «un’entità numerica piuttosto rilevante, tale da collocare la regione in una posizione di primo piano tra quelle dell’Italia settentrionale interessate dall’esodo giuliano – dalmata».

 

Tra le province della regione subalpina, quella di Vercelli registrò fin dal 1946 un notevole flusso di esuli (nel 1952 il numero di profughi ammontava a 671), i quali andarono a distribuirsi anche in alcuni comuni del Biellese, come Pettinengo, Sordevolo, Lessona, Vigliano, Andorno e Sandigliano.

 

Tra le strutture di accoglienza attive sul territorio merita sicuramente menzione la "Casa del bambino giuliano e dalmata" di Merletto di Graglia, gestita dall’Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati che l’acquisì nel novembre del 1949: «Questo angolino di Venezia Giulia – commentò "il Biellese" (17.04.1953) – ospita 60 bambini orfani degli infoibati, le famiglie dei quali tuttora in campi profughi esistenti in diverse città italiane, ancora non hanno trovato sistemazione. Fraternità, serenità, solidarietà dominano sovrane».

 

La direzione della Casa era affidata a Corinna Escher, triestina, «donna di preclare virtù con un innato senso educativo»; i bambini ospitati, di sesso maschile e di età compresa tra i sei e i dodici anni, trascorrevano le giornate frequentando le lezioni scolastiche che avevano luogo alla mattina (dalle 8 e 30 alle 12) e al pomeriggio (fino alle 19), con la possibilità di fare «una breve passeggiatina nei dintorni dove tutto è pace, fra gorgogli di corsi d’acqua dal sapor di fonte montana».

 

L’edificio, un’imponente villa ottocentesca, disponeva di aule «non troppo vaste ma linde e graziose», di sale per il gioco e lo svago, di bagni dotati di docce e spogliatoi, e di un’ampia lavanderia; la gestione della cucina, «accogliente ed … invitante», era affidata a personale formato da esuli istriani.

 

Tra il 1949 e il 1969 (anno in cui cessò l’attività) la "Casa del bambino giuliano e dalmata" fu in grado di accogliere seicento piccoli ospiti; Enrico Miletto ha ricordato che la struttura non limitò i «propri interventi al solo contesto scolastico. Infatti, durante il periodo estivo, quando gli ospiti abituali del collegio [raggiungevano] le proprie famiglie oppure [soggiornavano] nelle colonie marine messe a loro disposizione dall’opera per l’assistenza ai profughi giuliani e dalmati, la struttura di Merletto di Graglia si [trasformava] in una colonia montana riservata alle vacanze delle bambine giuliane».

 

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FONTI

 

  • Miletto Enrico, Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle provincie di Biella e Vercelli, 2010 
  • il Biellese, bisettimanale cattolico