UN INTERO PAESE COINVOLTO

 

Abbiamo già avuto modo di sottolineare il ruolo centrale che Melchiorre Buronzo ricoprì nell’ideazione e nella messa in scena della rappresentazione "Palestina anno zero"; riteniamo altresì doveroso citare anche coloro, dagli attori agli scenografi, dagli sceneggiatori alle costumiste, agli arredatori, ai decoratori, che con grande impegno e dedizione contribuirono alla felice riuscita dell’iniziativa.

 

 

Elencare l’intero cast degli attori richiederebbe uno spazio di cui purtroppo non disponiamo; ci limitiamo quindi a segnalare gli interpreti dei ruoli principali: Maria, Fernanda Botalla; Giuseppe, Mauro Dondoglio; Angelo dell’Annuncio, Luigina Pozzallo; Erode, Bruno Benedetto; Erodiade, Clelia Avignone Botalla; Salomè, Aurora Allera; Centurione, Pier Carlo Giolito; Re Magi, Emilio Botalla, Elso Deandrea, Walter Botalla.

 

Per quanto riguarda l’impegnativo lavoro "dietro le quinte", prezioso si rivelò il contributo delle "costumiste" Luciana Marziano e Margherita Brua, che «passavano da uno all’altra dando un tocco, consigliando, spiegando» ("il Biellese", 31.12.1965); del truccatore Mario Nardi, assistito dai figli; dello scultore Tullio Giolito, del pittore Alberto Sirio e dei decoratori Eraldo Marino e Italo Bretto, tutti impegnati a tradurre in realtà le scenografie ideate da Alberto Maria Sirio, Italo Bretto e Eraldo Pagliano.

 

Melchiorre Buronzo trovò dei validi collaboratori in Emilio Botalla, Silvio Pivano e Fulvio Sirio, co-autori della sceneggiatura.

 

Tra tante note positive non poteva però mancare qualche inevitabile difetto, che un severo cronista di "Eco di Biella" s’incaricò di mettere in evidenza: «Donato in Palestina, per la Natività: Donato come Betlemme. E l’idea è valida per una sacra rappresentazione. Ma perché essa, idea, diventi spettacolo, deve prima concretizzarsi in un testo e quindi dilatarsi in figurazioni sceniche. Nessun genere di spettacolo può sfuggirsi a questa prassi. In quella che oggi abbiamo visto a Donato (un presepio vivente) le manchevolezze sono da riscontrare proprio in questa direzione. Per cui il racconto appare frammentario nel suo arco evocativo, mentre gli episodi, ciascuno a sé stante, emergono vividi nel quadro per essi creato. La lettura dell’editto per il censimento, il passaggio di Maria e Giuseppe […] sono episodi che il pubblico accosta casualmente, e che gli danno il senta di pagine staccate di un libro: un accorgimento scenico dovrebbe unirle. E l’effetto sarebbe suggestivo, giacché attori, costumi, ricostruzioni si mostrano efficaci nella loro ingenua e solida naturalezza» ("Eco di Biella", 03.01.1966).

 

Nell’edizione del 1967 gli organizzatori, dimostrando un apprezzabile senso critico e una sorprendente apertura alle innovazioni tecniche, introdussero alcuni correttivi che andavano nella direzione indicata dal giornale diretto da Carlo Caselli: «Rispetto all’edizione precedente, la prima, molto è cambiato: in meglio, s’intende. C’è stato l’avvento del sonoro: un commento che ha fornito il legamento alla rappresentazione, apparsa di conseguenza più armonica e piacevole. Due le parti del grande presepio: statica l’una, di movimento l’altra. Ed è senz’altro la statica quella che più appare indovinata e per la sua originalità e per la cura di minimi particolari che condizionano l’ambientazione storica […] Sfarzosamente addobbati, i Re Magi fan visita ad Erode. È questa l’unica parte recitata della rappresentazione. Il colloquio è registrato e viene trasmesso dall’altoparlante: gli attori (maestra la Tv) muovono soltanto le labbra. L’effetto è comunque buono […] Raccontata da gente semplice in ambiente di montagna la più importante vicenda della cristianità si colora di gusto popolare e non manca di contenuto artistico […]» ("Eco di Biella", 09.01.1967).