IL PRESEPE VIVENTE DI DONATO

(Articolo pubblicato su La Nuova Provincia di Biella del 08.03.2014)

 

«Dei drammi sacri popolari, rappresentati un tempo così largamente e con tanto concorso di spettatori, si va perdendo l’uso quasi dovunque ed in taluni luoghi sin la memoria. È quindi indispensabile il non lasciar trascorrere l’ora presente, nella quale è ancor dato di salvar qualche tavola dal grande naufragio»: così scriveva Rodolfo Renier in appendice al suo volume dedicato alla più importante rappresentazione sacra del teatro popolare piemontese, il "Gelindo"; e forse fu proprio l’appello del noto filologo di origini veneziane a far breccia nel cuore di Melchiorre Buronzo, maestro presso la scuola elementare di Donato, il quale alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso ebbe l’idea di riprendere la tradizione dei drammi sacri, proponendo la rappresentazione della Natività di Cristo.

 

Il progetto di un presepe vivente non era nuovo nella mente dell’intraprendente educatore: già nel 1953, in occasione della celebrazione del Natale, aveva allestito in collaborazione con le maestre dell’asilo la rappresentazione del Mistero della Natività: «[…] nelle scuole Comunali – informò "il Biellese" (18.12.1953) – si sta lavorando attivamente per allestire il presepio vivente con scenette suggestive culminanti nella nascita del Redentore. Il libretto è stato scritto in collaborazione dai promotori; interpreti ne saranno gli alunni delle scuole ed i bambini dell’Asilo in suggestivi costumi intonati all’ambiente pastorale».

 

Nelle intenzioni degli organizzatori la rappresentazione sarebbe andata in scena per la prima volta la notte di Natale, per essere poi replicata nel pomeriggio del 26 dicembre, a San Silvestro e infine il giorno dell’Epifania (con l’aggiunta dell’arrivo dei Re Magi): «Tutta la popolazione di Donato e dei paesi limitrofi aspetta con vivo desiderio queste Sacre Rappresentazioni, a cui sono invitati vicini e lontani – aggiunse il giornale diretto da don Cantono – Vi accorrano numerosi d’ogni parte gli spettatori per partecipare in letizia alla Rievocazione di pace e d’Amore».

 

Dalle cronache dell’epoca non ci è dato sapere se le attese furono rispettate; ma non c’è motivo di dubitarne, se poco più di dieci anni dopo il maestro Buronzo decise di ripetere l’esperienza coinvolgendo in quell’occasione non più solo i bambini bensì l’intera popolazione del piccolo borgo arroccato sulle pendici del Mombarone.

 

 

La gestazione di "Palestina anno zero" (questo il titolo attribuito al dramma sacro) durò quasi un anno e richiese un notevole sforzo organizzativo per trasformare Donato in una piccola Betlemme; particolarmente riuscito fu il Bazar, dove gli spettatori potevano acquistare piccoli oggetti ricordo realizzati dagli alunni della scuola elementare: «Su questi ricordini – commentò il cronista de "il Biellese" (28.12.1965) – eravamo alquanto scettici pensando ai soliti lavoretti scolastici semplici ed ingenui. Quando abbiamo visto il campionario ci siamo ricreduti: al buon gusto della presentazione è accoppiata una notevole validità artistica soprattutto nei medaglioni di cotto dove alcuni ragazzi hanno rivelato tendenze e qualità significative sotto la guida del M.o Buronzo».

 

Della realizzazione delle scene e dei costumi si occuparono gli stessi attori (all’incirca un centinaio, rigorosamente reclutati tra gli abitanti), i quali sopperirono con l’entusiasmo e la passione alle inevitabili difficoltà derivanti dalla scarsità di fondi: «Come ogni paese del Biellese Donato ha molte frazioni sparse, alcune anche abbastanza lontane: non sono pochi i partecipanti alla Rappresentazione che vi abitano e che ogni sera, da settimane e settimane, affrontano la strada, dopo una giornata di lavoro, per recarsi alle prove, per lavorare all’allestimento dei costumi, delle scene, di tutta l’attrezzatura necessaria» ("il Biellese", 28.12.1965).

 

Un sostegno all’iniziativa arrivò dagli attori della "Passione" di Sordevolo, i quali «senza alcuna gelosia, ma con spontanea generosità hanno fornito parte dei costumi dimostrando spirito di solidarietà e grande comprensione» ("il Biellese", 31.12.1965).   

 

 

La febbrile attesa terminò alle ore 14 di domenica 2 gennaio 1966.

 

I figuranti sfilarono in corteo lungo le vie del paese, andando a occupare i posti assegnati; entrò quindi a passo di marcia il drappello di soldati romani, con in testa il centurione, che andò a disporsi a guardia del palazzo del Pretorio; dopo l’arrivo di Re Erode e del suo seguito, toccò all’araldo a cavallo dare lettura dell’editto di Augusto concernente il censimento della popolazione dell’Impero.

 

Con la comparsa sulla scena di Giuseppe e Maria (quest’ultima in groppa ad un asinello) la rappresentazione entrò nel vivo: «Firmato il registro Giuseppe cerca alloggio ma non trova ospitalità da alcuno; allora sale nel grande prato dove una capanna lo accoglie con la sua sposa. Un corteo di angeli attraversa il paese recando il Bambino velato: giunto alla capanna lo depone mentre l’Angelo dell’annunzio si reca dai pastori che stanno custodendo il gregge, a dare la lieta novella, quindi scende a Betlemme dove ripete l’invito a tutte le case e le botteghe» ("il Biellese", 04.01.1966).

 

Di grande effetto fu la sfilata dei Re Magi, abbigliati con abiti sfarzosi che diedero al pubblico (accorso in gran numero) l’opportunità di apprezzare l’eccellente lavoro compiuto dalle costumiste.

 

Il dramma si chiuse con l’adorazione dei Magi e l’allontanamento della Sacra Famiglia simboleggiante la fuga in Egitto.

 

 

L’ottimo successo riscosso dall’iniziativa promossa dal maestro Buronzo in collaborazione con la Pro Loco («Siamo lieti – scrisse "il Biellese" sul numero del 4 gennaio 1966 – perché è stato fatto qualcosa di intelligente, di positivo nell’interesse del paese, del suo rilancio, della sua valorizzazione») convinse gli organizzatori a riproporla l’anno successivo.

 

I due appuntamenti di venerdì 6 e domenica 8 gennaio 1967 registrarono un elevato afflusso di pubblico (si contarono all’incirca tremila persone, provenienti da diverse parti del Piemonte) e richiamarono inoltre l’attenzione del servizio radiotelevisivo pubblico, che effettuò delle riprese filmate; nel dicembre di quello stesso anno gli attori del Presepe Vivente Donatese furono invitati a esibirsi lungo le vie di Biella.

 

 

L’edizione 1968 avrebbe dovuto invece svolgersi a Vallemosso, uno dei paesi funestati dalla disastrosa alluvione di inizio novembre, ma fu sospesa a causa di «imprevedibili difficoltà».

 

 

L’ultima esibizione di cui abbiamo notizia è quella svoltasi in notturna a Donato domenica 28 dicembre 1969, «la migliore» secondo "il Biellese", che sottolineò come «l’atmosfera creata dalla suggestività delle luci [avesse] influito non poco sulla prestazione dei vari componenti», ma aggiunse una previsione destinata purtroppo a non avverarsi: «Riteniamo che anche nei prossimi anni sarà opportuno attenersi a questo schema […] più funzionale e spettacolare. Diciamo: prossimi anni, perché siamo certi che la tradizione si affermerà sempre di più» (“il Biellese", 30.12.1969).

 

 

Galleria Fotografica

Le fotografie provengono dall'archivio Lino Cremon, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella (È vietata la riproduzione e la diffusione delle immagini senza la preventiva autorizzazione del titolare dei diritti).

 

 

FONTI

  • Renier Rodolfo, Il Gelindo. Dramma sacro piemontese della natività di Cristo, Carlo Clausen, Torino 1896
  • il Biellese, bisettimanale cattolico
  • Eco di Biella, bisettimanale indipendente