La caccia alla volpe è stata una delle attività proposte da Davide Felice Aondio ai suoi clienti, in particolare a quelli di rango aristocratico già avvezzi alla pratica essendo per la gran parte membri di Società di caccia: il pianoro della Baraggia ben si prestava infatti alla caccia "selvatica" di un tempo.
Nell’aprile del 1966, la Società Milanese di Caccia a cavallo organizzò, di concerto con il Centro Ippico Sportivo "Città di Biella", una di queste caccie alla volpe, anzi la prima in assoluto nel Biellese: «Domenica prossima – informò appunto "il Biellese" (01.04.1966) – la Baraggia sarà teatro di un avvenimento eccezionale mai verificatosi nel Biellese prima d’ora: sessanta cavalieri cioè si impegneranno nella caccia alla volpe seguendo l’antico cerimoniale […] nella tradizionale divisa con giubba rossa».
Domenica 3 aprile 1966 i partecipanti (cavalieri e dame) si radunarono nei pressi di Massazza, in attesa del segnale di inizio: «Pronti i magnifici cavalli, pronta la muta dei cani che avrebbe dovuto precedere i cavalieri e stanare la volpe, inseguirla e poi sbranarla, pronta anche la vittima che su una jeep stava per essere portata in giro per le macchie e poi liberata» ("il Biellese", 05.04.1966).
A salvare il povero animale da un destino tanto atroce fu però il provvidenziale intervento di tre guardie zoofile – Silvio Bussa, Luciano Michelone e Lino Cremon (i cui scatti illustrano settimanalmente le nostre pagine storiche) – i quali non esitarono a notificare al presidente della Società Milanese di Caccia a cavallo una diffida in base all’art. 727 del Codice Penale «che prevede sanzioni pecuniarie a chi maltratta animali, pena che viene aumentata se le bestie sono usate "per giochi che comportino strazio e sevizie"» ("il Biellese", 05.04.1966): la volpe fu così immediatamente riportata al punto di ritrovo e posta sotto la sorveglianza delle guardie zoofile, mentre cacciatori, cavalli e cani dovettero ripiegare su una semplice passeggiata nella Baraggia: «Un po’ di consolazione. E una buona azione. Ammazzare, ammazzare così per smania di emozioni, non è bello, via. Soprattutto in quella tenuta di gran gala, che presuppone spirito gentile e civile» ("Eco di Biella", 04.04.1966).
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