LA I MOSTRA DELL'ARTIGIANATO RURALE E ALPIGIANO (21/05 - 01/06 1936)

(Articolo pubblicato su La Nuova Provincia di Biella del 25.02.2012)

 

Dal 21 maggio al 1 giugno 1936 Biella ospitò la prima Mostra dell’Artigianato Rurale e Alpigiano.

 

 

L’iniziativa, promossa dal Fascio di Combattimento di Biella, si svolse nel padiglione appositamente costruito dalla ditta Boggio di Torino sull’area degli ex giardini Pozzi, sul lato sinistro di piazza Q. Sella (oggi piazza Martiri della Libertà) e vide la partecipazione di artigiani espositori non solo biellesi ma anche della vicina Valsesia: «La Mostra Artigiana – scrisse "il Biellese"non sarà soltanto un’esposizione di prodotti dell’artigianato, ma in numerosi scomparti sarà caratterizzata dalla lavorazione vera e propria dei prodotti stessi».

 

 

La mostra, massicciamente pubblicizzata sul locale bisettimanale fascista "Il Popolo Biellese", fu inaugurata giovedì 21 maggio alla presenza del gerarca fascista Piero Gazzotti, membro del Direttorio nazionale del partito.

 

Il padiglione era composto da cinquanta scomparti ampi dodici metri quadrati, che ospitavano i vari stand espositivi; presso l’entrata principale i selciatori di Graglia avevano dato un saggio della loro abilità nella pavimentazione delle strade riproducendo a mosaico lo stemma del paese.

 

 

I primi stand presentavano i lavori di maglieria di Romano Guala, le tovaglie e le coperte della ditta Guabello di Mongrando, la lavorazione al tornio delle spinette per botti (realizzate da Massimo Flaminio Guala), i prodotti di vimini di Dorino Parlamento da Valdengo, i tappeti lavorati su telaio a mano da Paolo Giuseppe Monti di Biella.

 

Di grande attrazione per i visitatori era il laboratorio dei vasari di Ronco: Umberto Rey, Agostino e Lorenzo Cantono, Carlo Penna, Carlo Debernardi e Pietro Lanza davano sfoggio delle loro qualità plasmando sul tornio vasi, pignatte, anfore e altri tipi di contenitori.

 

Di seguito stavano gli artigiani di Camandona, paese che nel campo della lavorazione dell’argilla aveva «una tradizione gloriosissima».

 

 

Un altro stand particolarmente apprezzato era quello degli artigiani di Mongrando, che mettevano in mostra tutta la produzione dell’antico borgo: degno di menzione il telaio a mano risalente al 1700 e perfettamente funzionante.

 

 

L’artigianato della Valsesia era rappresentato dai lavori d’intarsio della Scuola d’Arte applicata di Varallo, dagli oggetti in ferro battuto della Scuola d’Avviamento di Borgosesia, dai bronzi della fonderia Mazzola di Valduggia.

 

Subito dopo lo stand valsesiano, il padiglione si apriva in una breve galleria in cui trovavano posto gli spazi espositivi degli artigiani di Graglia e di Piedicavallo e delle Scuole Professionali di Rosazza: tra gli oggetti esposti spiccava la piccola ricostruzione della Passione di Sordevolo racchiusa in una bottiglia, opera di Domenico Galbano.

 

 

Alla Mostra erano presenti anche i cadregàt di Cossila, con «un’ottima scelta della loro particolare produzione», gli artigiani del legno di Bioglio, di Camburzano e di Valle Mosso, le Massaie Rurali di Crocemosso.

 

La Scuola del battiferro di Cossato, diretta dal maestro Carlo Gattoni, metteva in mostra specchiere di elegante fattura a cui si affiancavano i lavori realizzati dagli allievi della Regia Scuola di Avviamento di Biella, guidati dal prof. Serra, e le marionette dei Fratelli Ferrini, che riscuotevano particolare successo tra i bambini.

 

 

Dopo il bar Ferrua, che "Il Popolo Biellese" descriveva «vivace e gradito ritrovo del padiglione, meta ormai consueta dei visitatori della Mostra», stava lo stand dedicato alla fabbricazione di fiori artificiali: il cronista del bisettimanale fascista, per sua stessa ammissione contrario a questa contraffazione della natura, mostrava però di apprezzare «questa piccola serra biellese […] per quella perfezione imitativa che quasi ci tradisce, che pone in imbarazzo nella scelta e nella distinzione fra il vero e l’imitato».

 

Ampio spazio aveva poi la produzione delle scuole artigiane dell’Ospizio di Carità: fabbri e calderai, scultori del legno e del marmo, decoratori e plasticatori, tipografi, giardinieri, sarti.

 

Chiudevano l’esposizione gli artigiani di Chiavazza e di Sala, esperti nella lavorazione di tessuti con telaio a mano, e la collezione di zoccoli in legno (i sabots) di Ernesto Zublena da Viverone.

 

 

Il soggiorno presso la Mostra era allietato dalla musica diffusa dagli apparecchi radiofonici della ditta Cigna.

 

 

La Mostra chiuse i battenti a mezzanotte di lunedì 1

giugno.

 

Il successo di pubblico fu clamoroso, almeno a prestar fede alle cifre riportate dai giornali locali: mentre "il Biellese" parlò di 42.000 visitatori, "Il Popolo Biellese" arrivò fino a 50.000, «provenienti da ogni centro della Provincia di Vercelli e anche dalle provincie limitrofe».

 

 

L’ottima riuscita della manifestazione convinse gli organizzatori a riproporla anche nei due anni successivi, 1937 e 1938.

 

(Leggi anche L'Ospizio di Carità di Biella)

 

 

Galleria Fotografica

Le fotografie provengono dall'archivio Cesare Valerio, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella

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FONTI

 

  • il Biellese, bisettimanale cattolico
  • Il Popolo Biellese, bisettimanale del Fascio di Biella
  • Illustrazione Biellese, anno III, n. 6, giugno 1936