SOVRANO SENZA REGNO

 

Il ramo dei Savoia – Aosta, di cui il principe Aimone era un illustre esponente, aveva avuto origine dal figlio terzogenito di Vittorio Emanuele II, Amedeo, duca di Aosta nonché re di Spagna (anche se solo per un breve periodo, dal 1871 al 1873).

 

 

Dal matrimonio di Amedeo con Maria Vittoria Dal Pozzo della Cisterna, erede di un illustre casato trasferitosi da Biella a Torino nel XVI secolo, erano nati tre figli: Emanuele Filiberto, Vittorio Emanuele e Luigi Amedeo.

 

Emanuele Filiberto, comandante della Terza Armata durante la Grande Guerra, sposò tra mille polemiche Elena di Orléans (discendente di Luigi Filippo, ultimo di re Francia detronizzato dalla rivoluzione democratica del 1848) dalla quale ebbe due figli: Amedeo, nato nel 1898, e appunto Aimone, venuto alla luce due anni dopo; alla morte del padre il titolo di duca di Aosta passò ad Amedeo, mentre Aimone assunse quello di duca di Spoleto.

 

Di lui Silvio Bertoldi ha dipinto questo ritratto: «[…] era alto, magro, di grande fascino. Aveva carattere gaio ed estroverso. Era passato attraverso gli anni e le esperienze spensieratamente, si godeva la vita tra burle e ragazze, Bob per gli amici, intimo della principessa Maria Josè, unica anticonformista di Casa Savoia. Praticava tutti gli sport, volava, era un automobilista provetto e fu per un certo periodo presidente del Reale Automobile Club d’Italia. Molto legato al fratello, lo pianse affranto quando Amedeo morì nel 1942 [a Nairobi, in Kenia, prigioniero degli inglesi dopo la sconfitta in Africa Orientale, n.d.a.]».

 

 

Aimone partecipò alla prima guerra mondiale e alla campagna d’Etiopia; durante il secondo conflitto mondiale ricoprì il grado di ammiraglio e fu comandante del Dipartimento marittimo alto Tirreno.

 

Nel 1939 sposò la principessa Irene di Grecia dalla quale ebbe un solo figlio, Amedeo, attuale quinto duca di Aosta.

 

Due anni più tardi gli fu offerto il trono di Croazia: si trattava di un regno fittizio, di uno stato creato dopo l’occupazione italotedesca della Jugoslavia nel quale l’effettivo potere era detenuto dal fascista croato Ante Pavelić, protetto di Mussolini.

 

Commentando il nome con cui avrebbe dovuto regnare, Tomislavo II, pare che Aimone avesse esclamato: «Mi fa venire in mente Waldemaro», riferendosi ad un comico di varietà in voga in quegli anni: comunque sia, non si recò mai a visitare il suo «regno».

 

 

Nel 1945, durante un’intervista rilasciata ad una giornalista inglese, si lasciò andare a commenti del tutto censurabili sui giudici del processo al generale Mario Roatta, ex capo di Stato Maggiore dell’esercito accusato della mancata difesa di Roma nel 1943, e fu così costretto a lasciare la marina.

 

 

Dopo il referendum del 2 giugno 1946 emigrò in Argentina, lasciando la moglie e il figlio a Firenze; due anni dopo fu stroncato da un infarto mentre si trovava in un modesto albergo di Buenos Aires. La salma è stata riportata in Italia dal figlio Amedeo nel 1973 e riposa accanto a quella della moglie Irene nella tenuta di famiglia del Borro, nei pressi di Arezzo.