IL COMANDANTE CARLO FECIA DI COSSATO

 

È arduo tratteggiare in poche righe una figura tragica e complessa come quella del comandante Carlo Fecia di Cossato, morto suicida nell’agosto del 1944; per questo motivo rimandiamo i lettori all’ottima biografia curata da Achille Rastelli ("Carlo Fecia di Cossato. L’uomo, il mito e il marinaio", Mursia, Milano 2001), limitandoci a dare qui alcuni rapidi cenni.

 

 

Carlo Fecia di Cossato nacque a Roma il 25 settembre 1908.

 

Esponente del ramo cadetto dei Fecia di Cossato, famiglia le cui origini biellesi trovano conferma nelle cronache del XIII secolo, frequentò il Collegio "Carlo Alberto" di Moncalieri e al termine del corso di studi fu ammesso all’Accademia Navale; già il padre Carlo, mutando la tradizione militare della famiglia, aveva intrapreso la carriera in Marina, arrivando a ricoprire il grado di capitano di vascello.

 

Le imprese più memorabili "Charlot" (così era chiamato in famiglia) le compì nel corso del secondo conflitto mondiale a bordo del sommergibile "Tazzoli", prima come ufficiale in seconda e poi in qualità di comandante (carica che ricoprì dal 5 aprile 1941 al 1 febbraio 1943), collezionando un ragguardevole numero di affondamenti.

 

Assegnato alla torpediniera "Aliseo", all’annuncio della firma dell’armistizio (8 settembre 1943) non esitò a guidare un attacco contro i tedeschi che avevano tentato di impadronirsi dei natanti italiani ormeggiati nel porto di Bastia in Corsica.

 

Per questa azione e per quelle compiute nell’Atlantico fu insignito di medaglia d’oro al Valor militare alla memoria nel 1949.

 

Dopo l’avvio della cobelligeranza con gli Alleati, la torpediniera "Aliseo" fu assegnata alla scorta ai convogli.

 

Le vicende politiche che segnarono l’estate del 1944 e in particolare il rifiuto del nuovo governo presieduto da Ivanoe Bonomi di giurare fedeltà al re scossero profondamente Carlo Fecia di Cossato, la cui famiglia da cinque generazioni era al servizio dei Savoia.

 

La sua insofferenza si palesò il 22 giugno, quando il giovane ufficiale si rifiutò di uscire in mare e fu per questo condannato agli arresti in fortezza; di fronte alla reazione degli altri equipaggi, il comando annullò la pena ma dispose il suo allontanamento sotto forma di licenza.

 

Carlo si recò a Napoli e qui, tormentato dai dubbi, pose fine alla sua esistenza con un colpo di pistola alla testa il 28 agosto 1944: «Per lui – ha scritto Achille Rastelli – la fedeltà a un ideale supremo era un concetto assoluto che non poteva essere barattato con alcun compromesso: personaggio tragico, anche antistorico e incomprensibile al suo tempo (di qui le accuse di squilibrio mentale o le strumentalizzazioni di parte), ma in ogni caso raro nella storia e degno di un’epopea tragica […]».

 

 

FONTI

 

  • Gavazzi Carlo, Per la Patria e per il Re, in Rivista Biellese, a.12, n. 3 luglio 2008
  • Rastelli Achille, Carlo Fecia di Cossato. L'uomo, il mito e il marinaio, Mursia, Milano 2001