DECISI A TUTTO, ANCHE ALLO STRAPPO

 

Il generale Alessandro La Marmora morì il 7 giugno 1855, stroncato dal colera mentre era al comando del contingente militare inviato da Cavour in Crimea durante l’omonima guerra (1855 – 1856); la salma dell’intraprendente e valoroso ufficiale fu tumulata nei pressi del villaggio di Kadikoi e lì rimase fino al 1911, anno in cui fu riesumata e riportata in patria.

 

La sera del 14 giugno 1911 l’urna contenente le spoglie mortali del generale La Marmora giunse a Biella, dove ad attenderla c’erano i membri del comitato organizzativo per le «onoranze all’Eroe» presieduto dal sindaco Corradino Sella.

 

Il giorno successivo alla presenza di un folto pubblico, delle autorità civili e militari e di un picchetto d’onore formato da un Battaglione del 4° reggimento Bersaglieri di Torino e dai Reali Carabinieri a cavallo, le ossa del fondatore del glorioso Corpo dei Bersaglieri furono inumate nella cripta della basilica di San Sebastiano; due batterie di artiglieria resero onore al valoroso ufficiale sparando venti salve di cannone.

 

Da quel momento la sezione biellese dei bersaglieri in congedo assurse al ruolo di «custode della tomba del fondatore» (si veda a questo proposito la scheda biografica di Alessandro La Marmora nel sito web www.lamarmora.net).

 

 

Date queste premesse i dirigenti biellesi dell’associazione non avevano dubbi sul fatto che le celebrazioni per il centenario della morte del generale La Marmora, in programma per la primavera del 1955, avrebbero avuto luogo nella città laniera; rassicurazioni in tal senso ricevettero inoltre dal generale Alfedo Baccari, presidente nazionale dell’A.N.B.

 

Il generale Arturo Scattini, divenuto reggente dell’Associazione dopo la morte di Baccari (luglio 1954), si dimostrò però di tutt’altro avviso e indicò Milano come sede più idonea per il grande raduno nazionale del 1955: quella decisione aprì di fatto un’aspra controversia con la sezione biellese, che si mostrò intenzionata a far valere fino in fondo le proprie ragioni.

 

 

Nel novembre del 1954 la rottura sembrò ormai inevitabile: i bersaglieri biellesi si dissero infatti pronti a rendersi autonomi dall’Associazione nazionale e a indire per il mese di giugno una grande manifestazione che avrebbe dovuto costituire –  segnalarono i carabinieri di Vercelli in una comunicazione riservata al prefetto De Bernart – «oltre che un’adeguata sfida ai dirigenti centrali, anche una chiara dimostrazione che i giusti diritti dell’Associazione Biellese [andavano] difesi e non trascurati proprio da chi [aveva] il dovere di curarli».

 

 

Il 21 novembre 1954, nel corso della riunione del Consiglio Nazionale dell’A.N.B., fu proposta ai delegati biellesi Coda e Tadone una soluzione di compromesso, che contemplava la scissione del raduno nazionale di Milano: il 19 marzo i bersaglieri si sarebbero riuniti nel capoluogo lombardo, mentre il giorno dopo avrebbero raggiunto in pellegrinaggio Biella: «La proposta venne accettata a cuor leggero (si pensi all’irrazionalità di tale spostamento!) dalla presidenza […] ma i delegati biellesi […] avanzarono le più ampie riserve – commentò "Eco di Biella" sul numero del 20 dicembre 1954, spiegando poi come la situazione era stata infine risolta – […] la sezione di Biella dell’Associazione nazionale bersaglieri ha respinto la proposta ed ha deciso di organizzare lo spettacolare raduno per il prossimo mese di giugno».

 

Di fronte alla risolutezza dei dirigenti biellesi il generale Scattini dovette quindi cedere e accettare che oltre al Congresso nazionale milanese di marzo avesse luogo anche la manifestazione celebrativa di Biella, in programma dal 3 al 6 giugno 1955.

 

(Leggi anche La sezione biellese dell'Associazione Nazionale Bersaglieri inaugura la nuova sede 1954)