L’inaugurazione del "Circolo degli Artisti" offrì l’occasione per presentare al pubblico una rassegna delle opere del pittore Piero Bora, uno dei migliori talenti prodotti dal Biellese nell’arco di tempo compreso tra le due guerre mondiali.
Nato a Chiavazza il 25 agosto 1910 (il padre Luigi era dirigente dell’Azienda Autoferrotranviaria di Biella), Piero Bora manifestò fin da bambino la passione per il disegno: «Ha soltanto otto anni – scrisse quasi cinquant’anni fa Luigi Carluccio – quando sulla capocchia di una scatola di reticella, su un diametro di pochi centimetri, abbozza minuziosamente e puntualmente la testa di una sibilla di Michelangelo».
La famiglia assecondò la sua vocazione, convinta del fatto che «strapparlo ai suoi sogni [significasse] stroncare in modo forse irreparabile la natura del giovane dal flusso di linfe di cui più volentieri si [nutriva]»: il padre lo affidò prima alle cure del pittore Oreste Delpiano, poi acconsentì che si iscrivesse all’Accademia Albertina di Torino.
Nell’ottobre del 1928 Piero superò brillantemente gli esami di ammissione; tuttavia, convinto che il solo istinto non fosse sufficiente per diventare pittore, decise di frequentare i corsi del Liceo Artistico, propedeutici a quelli dell’Accademia, nella quale entrò solo nel 1932.
Quattro anni dopo concluse gli studi: «Piero sa di non essere, per questo semplice fatto di cronaca, diventato un pittore. Ha avuto molte soddisfazioni […] In qualche occasione ha anche avuto modo di affermare le qualità peculiari del suo talento […] Vince, per esempio, il primo premio al "Concorso per una statua di neve" tra gli allievi dell’Albertina, ma si afferma anche in un concorso pubblicitario indetto dalla Stipel, e il suo disegno compare sulle pagine dei grandi giornali. Vince, nel 1935, i Littoriali dell’Arte del Guf [Gruppo Universitario Fascista] di Torino, nella sezione dell’affresco, che è quella tecnicamente impegnativa, con una raffigurazione delle Opere assistenziali e vince nello stesso anno il concorso per un manifesto di propaganda aviatoria».
Rientrato a Biella, Piero Bora aprì uno studio d’arte pubblicitaria e entrò in rapporti di amicizia e di collaborazione con un altro pittore destinato ad una lunga e proficua carriera nel Biellese, Pippo Pozzi.
Collaborò con riviste e giornali locali ("Illustrazione Biellese", "Almanacco Biellese", "Itinerari biellesi", il giornale studentesco "Orso frenetico", il periodico dell’A.N.A. "Lo Scarpone") realizzando illustrazioni e disegni.
Per quanto riguarda i temi dei suoi dipinti, Luigi Carluccio ha ricordato che «il mondo di Piero Bora è […] il più ravvicinato che un uomo, tanto più un artista, possa concedersi: la casa, la famiglia, la terra natìa. Non c’è niente di inventato nella pittura di Bora […] le fabbriche disseminate intorno a Biella, le filande oppure le risaie che stagnano ai confini della Baraggia» – e ancora Carluccio ha aggiunto che «in ogni momento della sua attività Piero Bora ha saputo suscitare qualche aspetto tipico del paesaggio biellese»; senza dimenticare i dipinti dedicati al Borgo Medievale di Torino, al convento di San Gerolamo di Biella, al Santuario di Oropa.
Richiamato alle armi, Piero Bora fu inviato sul fronte greco – albanese: il 17 febbraio 1941, mentre si trovava in un caposaldo nei pressi del Monte Bregianit, fu colpito a morte da una pallottola: «Ogni cosa si spezza a un tratto. Ma non si perde. L’inizio del suo discorso e l’inizio della sua autentica vita stanno nelle centinaia di disegni e di dipinti, che ha lasciato come una testimonianza duratura del suo vero destino».
(Leggi anche Il Circolo degli Artisti 1956)
FONTI