IL GEN. GHIOLDI RICORDA I DIFFICILI ESORDI


In occasione della cerimonia di benedizione del labaro della sezione di Biella dell’A.N.C.I., il generale Carlo Ghioldi, che aveva prestato servizio a Vercelli tra il 1937 e il 1939, indirizzò ai carristi biellesi una «simpatica» lettera nella quale rievocava i duri anni di addestramento sui cosiddetti "carri di rottura", i modelli Fiat 3000 1921/1930: «… siamo vecchi carristi e ci comprendiamo bene; siamo nati sotto lo stesso segno del "Carro di Rottura": il 21-30 di buona ed onorata memoria! Povero e caro vecchio carro che sei stato un giorno la nostra ambizione e la nostra pena. Era, più che altro un cassone, un poco sconnesso, in ferraglia, non bello e fracassone, col motore sempre ansimante e pronto a fare cilecca nel momento meno propizio: coi cingoli che non stavano più insieme: in certe situazioni sembrava una vecchia scarpa che perdeva la suola. Eppure era la nostra ambizione e l’abbiamo fatto marciare lavorando giorno e notte per “tenerlo su” per averlo efficiente e fare bella figura come è avvenuto alla Pianezza di Gignese, alle manovre di Val Cavallina, sulle balze di Frassineto Canavese e nelle gare sul campo di ostacoli di Billiemme: vi ricordate? […] E la scuola guida sui tornanti della Serra di Ivrea? Per diventare piloti bisognava proprio sudare sangue e mangiarsi l’anima coi denti.


Poveri "carri di rottura", chissà che fine hanno fatto! Eppure il nostro vanto e il nostro titolo di nobiltà è proprio quello di avere imparato a pilotare cominciando dai "carri di rottura" […]. Chissà se un giorno potremo entrare in un carro armato da 40 tonnellate e fare vedere alle “cappelle carriste” come si faceva una volta a portarsi sotto l’ostacolo e salire piano piano, col motore al minimo senza farlo spegnere! […] potremo anche insegnare come abbiamo fatto a combattere sia pure con altri carri, ma sempre inadeguati per qualità e per numero a quelli del nemico. Questi sono i motivi di fede e di onore coi quali abbiamo onorato l’arma carrista […]. Ricordatevi di chi siete figli e non tralignate!». ("il Biellese", 25.06.1957).